Ho potuto osservare nel corso degli anni di pratica come lo Yoga, se praticato continuativamente e soprattutto, se la nostra condizione psico-fisica risulta aperta e ricettiva, abbia ripercussioni molto importanti sul nostro essere nella sua interezza.
Si è parlato e si parla spesso degli effetti positivi dello Yoga a livello psico-fisico, si legge che lo Yoga è rilassante, che ci fa sciogliere le tensioni, acquisire maggiore elasticità...
Quello che non si sente dire abbastanza spesso è che lo Yoga è un percorso; iniziare un corso di Yoga si rivela essere l'inizio di un cammino alla scoperta di noi stessi, un percorso di indagine, crescita e sviluppo personale. Per non spaventare i neofiti spesso questo dettaglio viene taciuto.
Lo Yoga ci porta ad interrogarci su noi stessi, su chi siamo, cosa vogliamo, dove andiamo, ci rimette in discussione e ci fa inevitabilmente entrare in contatto con ogni parte di noi, anche quelle che rifiutiamo e che ci rendono la pratica complicata.
Capita a volte, in alcuni momenti della vita, che la pratica diventi “difficile”, che si fatichi a mantenere l'attenzione e la concentrazione necessarie. Ci chiediamo dove siano finite le splendide sensazioni che la pratica ci regalava fino al giorno prima.
Cosa ci succede?
Io una risposta me la sono data: credo che in alcuni momenti non siamo in grado di sopportare quello che lo Yoga ci dona (cambiamenti, evoluzione, contatto con noi stessi...), momenti in cui non siamo in grado di fare i conti con noi stessi, con chi siamo, con i nostri traumi, i nostri problemi...
Ho incontrato persone che in seguito alla pratica addirittura sviluppavano “effetti collaterali” come mal di testa, nausea... che imputavano alla pratica, ma non alla loro momentanea “indisposizione allo Yoga”.
Forse in questi momenti la scelta più saggia sarebbe di aspettare e osservare pazientemente quello che ci accade, aspettare che la nostra mente sia di nuovo disposta ad affrontare il percorso.
Ad un certo punto del nostro cammino la consapevolezza di quello che lo Yoga fa per noi si farà evidente, potremo aver bisogno di parlarne con qualcuno, il nostro insegnante, un amico, uno psicologo (non sempre riusciamo ad accettare tutto di noi)...
Magari sul nascere non comprenderemo le ragioni di questa necessità, lo vivremo come qualcosa in cui non ci riconosciamo, ma prima o poi diventerà chiaro.
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